Marino magliani e Bruno Vallepiano

Incontro e confronto tra scrittori della nostra terra

Marino Magliani è nato in Val Prino, nell'entroterra di Imperia, nel 1960. Ha vissuto per anni tra Spagna e America Latina e alla fine del secolo scorso si è stabilito in Olanda, sulla costa, dove scrive e traduce.

notizie bibliografiche

2003 L'estate dopo Marengo (Philobiblon) 2006 Quattro giorni per non morire (Sironi) 2007 Il collezionista di tempo ( Sironi ) Pubblica due racconti, Carlos Paz e Il bocciatore, sulla leggendaria rivista Maltese narrazioni prima che chiuda. Partecipa con un racconto, Zand, all'antologia Denkend aan Holland, tradotta in olandese da Tom De Keyzer (Bonardi uitgever) Partecipa col racconto La spazzatura all'antologia Uscita operai! (No reply) 2008 Quella notte a Dolcedo (Longanesi) Partecipa con il racconto L'ossario all'antologia Delitti in provincia (Guanda) Il suo racconto Vertigini viene tradotto da Pieter Van der Drift nell'antologia olandese Van gewest tot gewest (Bonardi uitgever) Pubblica il racconto Utrecht su Avvenire. Collabora con racconti, saggi, interviste, estratti dei suoi romanzi, con i blog Nazione indiana, Carmilla, e poi con La poesia e lo spirito, di cui è anche redattore. La rivista Ombrone gli dedica un numero monografico pubblicando il racconto Andante crociera. Un suo estratto de L'architettura del molo di Porto Maurizio viene tradotto in inglese dalla rivista Yacht. Il suo racconto Il cane da caccia e da riporto viene pubblicato dalla rivista Emergency. Pubblica Per non dare fastidio nell'antologia Tutti all'inferno (Giulio Perrone Editore) cuarata da Monica Mazzitelli. Viene invitato al Festival di Letteratura di Mantova e tiene una conferenza al Consolato italiano di Bremen 2009 La Tana degli Alberibelli (Longanesi) per cui riceve il Premio Biamonti-Frontiere assieme a Antonio Tabucchi. Scrive un omaggio a Guido Seborga su L'uomo di Bordighera (Spoon river, 2009) a cura di Massimo Novelli. Roland Fagel traduce in olandese Quattro giorni per non morire ( De Vlucht van de Kolibrie , Serena Libri) Pubblica Milton per Dreams, Poetry & Oracles, rivista tradotta in inglese, a cura di Massimo Maggiari (La finestra editrice) Traduce dallo spagnolo le poesie di Carlos Vitale e Il testamento di Armando Buscarini 2010 Non rimpiango, non lacrimo, non chiamo, racconti a quattro mani con Vincenzo Pardini (Transeuropa) per cui riceveranno il premio Tracce di Territorio e saranno finalisti nel 2011 al Settembrini. Scrive Il magazzino delle alghe (Eumeswil editore) ospitando estratti di lavori di molti altri autori. Per la seneggiatura di Fabio Beccacini e Simone Gandolfo e la regia di Simone Gandolfo, il suo racconto L''architettura del molo di Porto Maurizio diventa il cortometraggio L'architettura del mare. Per la sceneggiatura di Andrea B. Nardi e i disegni di Marco D'Aponte Quattro giorni per non morire diventa una graphic novel (Transeuropa) Per Transeuropa cura l'edizione de La ballata della piccola piazza, di Elio Lanteri. Dallo spagnolo, per la rivista Il Reportage, traduce l'intervista di Alejandro Brittos a uno dei guerriglieri superstiti del massacro di Trelew nel 1972. 2011 La spiaggia dei cani (Instar Libri) che Roland Fagel traduce in olandese per Prometheus (Het strand van de romantishe honden) Viene invitato al Festival delle storie in Val Comino. Per Il Reportage scrive Aringa, reportage sul grande Nord. I suoi racconti lunghi Colonia Alpina e La frontiera di XXmiglia e la questione dell'hascisc vengono tradotti in tedesco e il Consolato italiano di Bremen lo invita per una conferenza sulla Liguria. Amsterdam è una farfalla (Ediciclo) con la collaborazione di Roland Fagel. Scrive la post-fazione per il romanzo postumo di Elio Lanteri, La conca del tempo (Transeuropa ). 2012 La ricerca del legname ( Duepunti edizioni ) per la collana Zoo, a cura di Giorgio Vasta e Dario Voltolini. Sulla rivista Atti impuri esce il suo dossier Far West ligure, saggio sulla vita e l'opera di Guido Seborga, Elio Lanteri, Lorenzo Muratore. Riceve il premio Lerici Pea alla carriera. Nell'arco degli anni collabora con l'Istituto italiano di cultura per i Paesi Bassi e la libreria Bonardi di Amsterdam presentando i lavori di Alessandra Galetta, Giuseppe Conte, Davide longo, Paolo Di Stefano, Paolo Tesi, Antonella Cilento, Giulio Mozzi, Dario Votolini, Francesco Biamonti, Marco Drago, Demetrio Paolin, Giacomo Sartori. Organizza e cura laboratori di scrittura narrativa con Giulio Mozzi e Giorgio Vasta. Viene invitato al consolato italiano a Brussel e all'università di Utrech per conferenze su letteratura e Liguria. In Italia tiene corsi di scrittura sul viaggio. Presenta e sostiene la pubblicazione di autori italiani e scrive prefazioni, e introduce al pubblico italiano autori olandesi. Fa conoscere al pubblico olandese gli autori Giuseppe Conte, Rosella Postorino, Enzo Fileno Carabba, Stefania Nardini, Roberto Ferrucci, Aurelio Picca, come consulente per l'antologia De stedeenverzamelaar ( Serena Libri 2012 ) Dallo spagnolo per Anordest edizioni ha tradotto La moglie del Colonnello di Carlos Alberto Montaner. E la raccolta di saggi su Roberto Bolaño ( Bolaño Selvaggio, Senzapatria editore ) con lavori di Enrique Vila-Matas e Juan Villoro, Alan Pauls. Collabora con articoli di letteratura e critica all'inserto culturale Scritture, curato da Stefania Nardini per Il Corriere Nazionale. Su Nuovi argomenti escono suoi racconti e alcuni estratti dei suoi lavori. Nel 2012, il ricavato e i diritti di autore di due antologie, C'era (quasi) una volta in Liguria (Zem Editore) e C'era una volta (Senzapatria Editore) con disegni di Marco D'Aponte, vanno in beneficienza rispettivamente alla Comunità San Benedetto di Don Gallo, per i bambini di Santo Domingo, e a Nutriaid che sostiene i bambini affamati africani. Per Zem cura l'antologia Papel, con Alessandro Giacobbe.

Poiché non mi piace l’idea di snocciolare il mio curriculum, quello inteso come documento da presentare prima di un colloquio di lavoro, sarò molto informale. Un altro lavoro non lo voglio, non voglio convincervi di nulla e, soprattutto, non vi voglio vendere niente. Vi posso dire che mi è sempre piaciuto leggere e che sono un entusiasta: mi innamoro di un sacco di cose ed ho una memoria molto scarsa. Forse questi semplici concetti, messi insieme, hanno fatto nascere in me il piacere della scrittura. La prima cosa pubblica che ho scritto è stato quello che io ritenevo fosse un libro, ed è stato nel 1967. In qualche modo lo era, a tiratura limitatissima: una copia. Facevo quinta elementare ed il titolo del volume era “Uomini Illustri”. Se n’è persa traccia ma di esso ha parlato il mio maestro Severino Bellino nel mio libretto scolastico. Per fortuna l'insegnante ha scritto quella semplice frase che documenta il fatto; in caso contrario sareste stati legittimati al sospetto di una balla. Era una raccolta di immagini di personaggi celebri della storia. I miei preferiti erano gli eroi risorgimentali, quelli che si facevano amputare gambe e braccia ed altre cose, anestetizzati al solo grido di Viva L’Italia. Che uomini! Li avevo incollati tutti sul mio quaderno e poi avevo scritto nelle pagine a fianco una loro sintetica biografia. Era più difficile che con le figurine dei calciatori, ma mi dava più soddisfazione perché la ricerca di quelle icone era decisamente impegnativa. Silvio Pellico, Piero Maroncelli, Camillo Benso. Vuoi mettere? Bercellino, Del Sol, Favalli, Furino ed Anastasi seppure apparissero più lindi, colorati e ben riquadrati nelle loro figurine erano facili da trovare, ma non reggevano il confronto. Così dopo aver sfogliato riviste, giornali, vecchi libri ed ogni altra cosa che mi finiva sotto le grinfie ritagliavo ed incollavo; poi, avvalendomi soprattutto dell’enciclopedia personale del maestro Bellino, riassumevo la vita, le opere e le gesta dei miei straordinari eroi. Non c’erano solo gli eroi, però, c’erano musicisti, scrittori, pittori, re, regine e condottieri. C’era anche un certo Shakespeare che io pronunciavo proprio così come si scrive: sa che spe are, pronuncia che mi procurò il benevolo dileggio del maestro Bellino e la consapevolezza che c’erano altre lingue e che il mondo era grande e che forse un quaderno, seppure spesso, non mi sarebbe bastato per raggruppare tutti i “Personaggi Illustri”. Arrivai ad incollare tra loro sette quaderni, tutti pieni pieni e poi mi fermai. Dopo questa prima esperienza ci fu una lunga pausa che terminò all’età di diciotto anni. Mandai, compiuta quell’età, una storia di “masche” a Nino Manera, il direttore della Gazzetta di Mondovì. Lui mi cercò, mi disse pressappoco che quella specie di articolo non l’avrebbe pubblicato però mi disse anche che gli era piaciuto il mio modo di scrivere e mi invitò a frequentare il giornale e che forse in futuro… Cominciò così un’amicizia ed anche una mia specie di tirocinio presso la Gazzetta, che mi sdoganò ufficialmente come collaboratore, qualche anno dopo, con la pubblicazione di un primo articolo riguardante il film “Padre Padrone” e come giornalista, con l’iscrizione all’albo. L’articolo suscitò polemiche e discussioni. La cosa piacque a Nino Manera, un po’ meno ad altri, ma da lì ebbe inizio la mia collaborazione col giornale che cambiò poi il proprio nome in “Provincia Granda”. Da li in avanti, seppure poi io abbia fatto altre scelte professionali, ho mantenuto sempre vivo questo interesse legato alla scrittura, collaborando con vari periodici e testate radiofoniche. Parallelamente, intanto che coltivavo la mia passione per la montagna, la pittura e la storia locale, nacque quella per gli itinerari. Quasi una conseguenza delle prime; se si va in giro per la montagna prestando attenzione ai vari aspetti della località (storia, peculiarità dei territori, gastronomia, tradizioni, etnografia e via dicendo) nascono, quasi senza volerlo, degli itinerari. Da questo semplice connubio presero vita le prime guide, i primi saggi sulla storia locale e sulle tradizioni. Insieme a testi di rigore più tecnico, ho prodotto qualche storia di pura fantasia. Anche perché non è serio prendersi troppo sul serio. Storie gialle, soprattutto, che mi diverte molto scrivere, ma anche storie di masche ed alcune brevi “pièces de vie”. Questo è più o meno tutto. Nulla di cui vantarsi e nulla di cui vergognarsi, credo; ne più ne meno che il risultato di un modo di vivere, di pensare, di divertirsi e di essere