Liscio come l’olio di Guido Novaro

Ormea - piazza Nani, Martedì 2 agosto ore 17

La saga dell’Olio Sasso, la storia di un’eredità

«Questa è la storia della mia vita, di una famiglia e di un’eredità. Mio padre Cellino Novaro è stato, assieme al fratello e ai cugini, l’ultimo “signor Sasso”. Io invece mi chiamo Novaro, e basta. Mio padre non voleva figli, e ne ha avuti due. Io ho tre figli e li ho voluti. Mio padre ha avuto in dono un’azienda e l’ha ceduta. Io, senza doni e con qualche errore, mi sono costruito il mio lavoro e la mia vita. Questa è la storia di come un’eredità è stata dispersa».
Una famiglia paterna, i Novaro, che per oltre un secolo si è identificata con l’Olio Sasso. E che ha visto nelle sue fila intellettuali famosi: Angiolo Silvio poeta e accademico d’Italia, Mario filosofo che chiama a collaborare alla rivista della Sasso, La Riviera Ligure, Pascoli e Pirandello, Boine e Gozzano, la Deledda e Capuana. E una famiglia materna di militari e costruttori.
Fra Imperia e Torino, mentre i genitori si dividono e la Sasso passa di mano, una “vita spericolata” al volante di auto da corsa e nel mirino di Prima Linea, tra dolori privati e il lavoro in pubblicità, fino alla caccia a un’eredità che è sparita. Un’autobiografia ricca di umanità e colpi di scena, che si legge come un romanzo.

La storia di una vita, di una dinastia, di un’eredità.

La storia di Guido Novaro figlio di Cellino, ultimo discendente in linea diretta di Agostino Novaro, che nella seconda metà dell’Ottocento creò la Sasso, forse la più nota delle aziende olearie italiane. La vicenda, complicata e affascinante, della famiglia Novaro, imprenditori, uomini di lettere e collezionisti.
Le peripezie, ricche di colpi di scena, di un’eredità che è evaporata. Un memoir sincero, dolente ma sereno, di una vita tra la Liguria e il Piemonte passando per la Svizzera. Fra nonni militari, nonne che salvavano gli ebrei dalle SS, padri anaffettivi, scuole svizzere e agguati terroristici, pubblicità e conti offshore.

Guido Novaro è nato a Sanremo nel 1956. Figlio di Cellino, l’ultimo “signor Sasso”, dopo l’università ha lavorato e lavora nelle aree marketing e comunicazione di diverse società multinazionali e agenzie pubblicitarie.
Ha vinto il Media Key Press and Outdoor come direttore creativo nel 2016. Vive a Moncalieri, è sposato e padre di tre figli: Niccolò, Carlotta e Tommaso. Questo è il suo primo libro.

Maria Novaro

Maria Novaro, architetto, presiede dal 1983 la Fondazione Mario Novaro onlus, che ha come compito la conservazione e la valorizzazione della cultura ligure del ‘900, a partire dall’opera del nonno Mario Novaro (1868-1944), imprenditore poeta e filosofo onegliese.

La Fondazione ha una biblioteca specializzata (oltre sessantamila volumi) e un importante archivio storico. Promuove ricerche, mostre, convegni e incontri, pubblica il quadrimestrale “La Riviera Ligure” e assegna il premio biennale Mario Novaro.

Marco Ercolani è psichiatra e scrittore. I suoi temi privilegiati sono il rapporto fra arte e follia, la scrittura apocrifa e la poesia contemporanea.
È autore di saggi, romanzi e raccolte poetiche. Con “Turno di guardia” ha vinto nel 2010 il premio Montano.

Descrizione del libro

Un momento del tempo in cui qualcosa di speciale accade: così Maria Novaro traduce kairòs, il tempo qualitativo, il momento giusto per affidare alle stampe le sue riflessioni poetiche. Come scrive nell'introduzione Marco Ercolani, «l'ambizione di Maria Novaro è meno legata alla letteratura che a una tensione di sincerità che restituisca, in modo espressivo ed equilibrato, la sua emozione personale...», così che i suoi versi divengono «commento malinconico intorno alla natura della vita, intonato in un clima di composta elegia, di "classica" pensosità».

Kairòs

Dalla presentazione di Marco Ercolani

 «Ottenere che dopo la morte / le parole scritte // per altri non fossero morte / sarebbe come rinascere / spogliati della paura di morte»: questi cinque versi, che traggo dalla recente raccolta Kairòs, di Maria Novaro, mi attraggono come se vi leggessi la felice epigrafe che ogni scrittore vorrebbe leggere in calce alla sua opera, la piccola resurrezione/rinascita che ogni poeta esige dalle parole è racchiusa proprio in questi versi.

Kairòs (in greco “momento opportuno”) è una raccolta poetica scritta da Maria fra il 1976 e il 1988 e per anni conservata nel proprio archivio personale. Oggi viene pubblicata, nel momento che l’autrice giudica “opportuno”, perché resti una traccia tangibile del suo costante amore per la poesia.

 Kairòs

Un momento del tempo in cui qualcosa di speciale accade...

Erano là in un cassetto, insieme alle tante carte scritte nell’arco di oltre quarant’anni. Mi era piaciuto il suggerimento della mia professoressa che, in prima media, aveva invitato la scolaresca a tenere un diario: non avevo più smesso, finché qualcosa di molto importante non ha completamente modificato la mia vita. Ma questa è un’altra storia...

Dopo la nascita di mia figlia Bianca – alla mia bambina di cinque anni è dedicato il mio primo scritto “in versi” – per un certo periodo, fra le

carte del “diario”, ho conservato anche i testi ora raccolti in queste pagine. Non saprei dirne il motivo: in tempo di “coronavirus”, forse, si fa più urgente il desiderio di diffondere una traccia di sé.

Aggiungo qualche breve chiarimento circa l’occasione che ha motivato alcune composizioni.

La composizione XV, intitolata “Per onorare la memoria”, è stata originata dal riconoscimento ufficiale, avvenuto proprio in quei giorni, della Fondazione dedicata a mio nonno Mario, alla rivista culturale da lui diretta, «La Riviera Ligure» e, di conseguenza, alla cultura ligure del Novecento. Ancora oggi questa è la mia principale – e gratificante – occupazione.

I versi della XVIII sono dedicati a un caro amico di Alassio, critico e poeta, Giuseppe Cassinelli, purtroppo scomparso ormai da qualche anno. L’occasione dell’incontro era il suo approfondimento dei rapporti umani e di amicizia fra Mario Novaro e Giovanni Boine, per anni collaboratore de «La Riviera Ligure»

La XIX è un ricordo di tempi lontani, quando frequentavo la facoltà di Architettura a Firenze e avevo come docente di Urbanistica il prof. Ludovico Quaroni, con il quale si era costruita una variegata, intellettualmente simpatica “complicità” di interessi.