Carla Polla Bassani

Il gatto e la signora

Presto la nuova vita d'Elvira s'era regolata al suon della campana in ore ben diverse da prima: scivolavan sulle pietre gialle della casa soffermandosi magari su lucertole o sfogliar d'una rosa e solo a sera
quando la campana taceva, sentir il tonfo d'una mela là, dietro la casa.
Nel piccolo specchio che un'amica le avea donato, Elvira parlava al volto che aveva iniziato a conoscere, ma il respiro offuscava la sua immagine che formulava domande: "Se Pietro ... ".
Poi il ritmo di quella nuova esistenza cominciava a battere più svelto, indugiava meno sulla soglia, pulendo l'ultimo filo d'erba rimasto e a sera, seder quietamente accanto al fuoco.
Ora la casa pur se irregolare e bassa, non parea più una tazza vuota o l'ammasso di pietre del passato, ma aveva un futuro e la gente aguzzava gli occhi a scoprir se all'interno quella fosse cambiata e le rose suggerir una storia nuova mentre, dalla finestra, Elvira salutava.
Tutto però le dava una sensazione strana e se quella nuova vita la meritasse, allora ciò che la circondava diveniva una staccata
storia, persin sotto alberi a cui spuntavan foglie e chiudendo gli occhi, cercava pace da quel passato.
Poi, dietro il volo d'un calabrone o dell'ape che Ugo acchiappava, il sangue tornava a scorrere e s'asciugava gli occhi al suon del campanile che andava tacendo.